“La cintura di fuoco è una zona a forma di ferro di cavallo che circonda per circa 40’000 km l’Oceano Pacifico ed è generata dall’avvicinamento di placche (continentali o oceaniche) che nell’infilarsi una sotto l’altra danno origine al fenomeno della subduzione. Il piano lungo il quale le due placche si infossano è chiamato Piano di Benjoff caratterizzato da fenomeni tipici per quelle zone, quali ad esempio forte sismicità, profonde fosse dovute al notevole attrito verso il basso che fa ripiegare il margine della placca subducente e soprattutto intensa attività vulcanica causata dal fatto che ad una certa profondità la crosta fonde e origina camere magmatiche il cui magma risale in superficie lungo le numerose fratture dando così origine a eruzioni esplosive particolarmente violente; questi vulcani sono solitamente localizzati in posizione ben precisa dietro alle fosse. Un esempio di questi violenti fenomeni vulcanici è dato dall’eruzione devastante del Krakatoa del 1883.
La spiegazione del motivo per cui questi vulcani sono localizzati in ristrette zone quali la cintura di fuoco del Pacifico è da sempre fonte di studio da parte dei ricercatori. Sino ad ora si riteneva che la violenza delle eruzioni vulcaniche fosse da attribuire al fatto che la lava coinvolta contenesse una elevata quantità di acqua, portata dalla discesa di una placca sull’altra che non solo abbassava la temperatura di fusione del mantello, ma vaporizzando causava la eccezionale potenza esplosiva delle eruzioni. Il problema è che questo tipo di lave si ritrova anche in altre zone del mantello e quindi poco plausibile con la strettissima localizzazione di queste particolari catene vulcaniche.
Ma proprio tramite un recente studio pubblicato i giorni scorsi su Nature che geologi dell’Università di Oxford hanno cercato di dimostrare che l’allineamento dei vulcani più devastanti in aree ristrette sembra legato a zone nelle quali la fusione del mantello avviene in assenza di acqua; la lava quindi risalendo incontra magma ricco di acqua che darebbe origine ad eruzioni esplosive particolarmente violente.”
"E' noto da più di mezzo secolo che gli archi vulcanici si formano dove una placca tettonica si inabissa sotto un'altra", osserva Philip England, uno degli autori dello studio. 'Ma per quanto siano stati sviluppati molto modelli di questo processo, nessuno di essi è stato in grado di spiegare la localizzazione di questi archi."
Le eruzioni dei vulcani dell'anello di fuoco sono particolarmente violente, dato che la roccia fusa contiene una elevata percentuale di acqua che, vaporizzata, fornisce all'eruzione la sua potenza esplosiva. Questa acqua è liberata dalla discesa di una placca sotto l'altra e abbassa il punto di fusione della roccia del mantello.
"La maggior parte delle precedenti spiegazioni dell'origine di questo tipo di vulcani ipotizzava semplicemente che il tipo di lava 'umida' fosse responsabile dell'innesco del processo", osservano i ricercatori, che sottolineano come questa spiegazione si scontri però con una difficoltà: questo tipo di lave si ritrova in un'ampia varietà di regioni del mantello, e questo non collima con la ristretta fascia di queste catene vulcaniche. 'Tuttavia, noi abbiamo notato che c'è uno schema geometrico molto semplice nella distribuzione dei vulcani che fornisce una potente chiave di lettura di ciò che avviene.
Grazie a un modello matematico del trasporto del calore nelle regioni in cui due placche collidono, i ricercatori hanno mostrato che lo schema geometrico osservato può essere spiegato solo se il vulcano è localizzato al di sopra della stretta regione in cui la lava fonde in assenza di acqua. La lava in risalita incontra poi strati di magma più ricco di acqua che viene trascinato in superficie per dare origine all'eruzione esplosiva."


Ecco come sarebbe la Terra senza mare...
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Ma non è tutto...
In base alle statistiche delle erizioni del Vesuvio si è stabilito che dopo una serie di eventi sismologici a distanza di max 50 anni si è verificata un eruzione del Vesuvio, gli ultimi eventi sismologici di S. Giuliano e L'Aquila indicano quindi che un eruzione di carattere esplosivo è imminente, a differenza dell'Etna che è un vulcano comunque mansueto e prevedibile, il Vesuvio manifesta le sue eruzioni con delle vere e proprie esplosioni causando nubi di cenere con temperature intorno ai 500/700 gradi centigradi e che scenderebbero ad una velocità di circa 250 km/h coprendo Napoli con conseguenze devastanti per i suoi abitanti.
Un giacimento di lava profondo otto chilometri e di quasi 400 chilometri quadrati di superficie è stato scoperto da ricercatori francesi ed italiani.
NAPOLI - L'enorme massa lavica si estenderebbe dal vulcano fino ai Campi Flegrei, alle porte di Napoli. L'accumulo di lava è molto più grande di quanto gli scienziati si aspettavano: Paolo Gasparini dell'Università Federico II di Napoli ed il suo team sono riusciti ad ottenere un'istantanea della situazione sotto la montagna e anche se dall'analisi non è possibile avere alcuna indicazione di ciò che succederà in futuro, i risultati consigliano di tenere attentamente sotto controllo la zona che è già ad alto rischio sismico.
"C'è una quantità enorme di magma sotto il Vesuvio - ha detto Gasparini - Non ci aspettavamo proprio un giacimento così vasto e profondo. Copre un'area davvero grande sotto il vulcano". Gasparini fa parte di un team europeo che ha condotto studi sugli strati rocciosi sotto il Vesuvio tra il 1996 ed il 1997. "Abbiamo raccolto una grande quantità di dati, dopodiché l'elaborazione e l'analisi di questi è stata lunga e laboriosa" dice il ricercatore. Il Vesuvio è inattivo al momento: si registra solo qualche scossa occasionale accompagnata di emissioni di gas dal cratere. Ma una potente eruzione potrebbe verificarsi da un momento all'altro.
"Il vulcano è al momento in uno stato di quiescenza, caratterizzato da emissioni gassose, dette fumarole, a basse temperature e da una moderata attività sismica (circa 100 terremoti all'anno tra lo 0,5 ed il 3,6 della scala Richter). Al momento è difficile prevedere quando potrebbe verificarsi la prossima eruzione esplosiva" è ciò che scrivono i ricercatori in un report pubblicato sulla rivista Science.
Gasparini ha usato una tecnica chiamata tomografia sismica per rilevare il giacimento di magma. L'eco ottenuta da una serie di esplosioni è stata sfruttata per ottenere una rappresentazione tridimensionale della massa lavica. Gasparini ed i colleghi al momento stanno effettuando ulteriori indagini per scoprire se la lava arriva ad estendersi anche sotto altri vulcani.